domenica 4 luglio 2010

Le scale sono fredde - Papìco

Cazzo le scale sono fredde!
Non ci pensi mai a come sono le cose fino al momento in cui la mente, per qualche giro strano, deve fuggire e ti vengono pensieri apparentemente senza senso. Sono una specie di rifugio. Un modo per mantenere l'attenzione sul lato oggettivo, per mantenere la razionalità ed evitare di perdere i punti di riferimento.
In quel momento, seduto sulle scale, pensavo a quanto fossero fredde mentre meccanicamente cercavo nel cellulare il numero di telefono della dottoressa:
- "Buonasera dottoressa, ...scusi se la disturbo a quest'ora di sera, ...volevo avvisarla che hanno appena portato mia moglie in sala operatoria, ...si, non si poteva più aspettare secondo il medico di guardia. ...Si è lui, esatto... Ok, la ringrazio, buona notte."

- "Vuoi che ti vado a prendere un panino, una pizzetta, qualcosa?"
- "Eh? ...No grazie, no... veramente.."
Non sono mai andato troppo d'accordo con mia sorella. Ma c'è sempre stata nei momenti importanti. Quelli che dopo, quando sono passati, fai la conta di chi c'era e di chi non c'era. Non per cattiveria ma perché è naturale. Ecco, lei c'è sempre stata. E ci sarebbe sempre stata anche dopo.
In quel momento faceva la cosa più stupida e più importante del mondo. Cercava di tenermi su, di farmi ridere, ricordandomi cose di quando eravamo piccoli. Mia moglie stava suo malgrado dando alla luce il nostro primo figlio dopo sole 28 settimane di gestazione. Senza esagerare, non sapevo se l'avrei mai rivista, o se avrei mai visto lui, perché la situazione era bella incasinata. E lei cercava di farmi ridere.

Ma era partita la macchina del tempo.
"Lei ha un 30% di probabilità di contrarre la gestosi".
La frase mi tornava in mente come quel pomeriggio che doveva essere uno dei tanti check-point sulla strada che ci portava a diventare genitori.
- "Gestosi?"
- "Si tratta di una malattia della gravidanza abbastanza comune. Solo che di solito si presenta verso la 33a settimana, nel vostro caso invece, ecco, è un po' prestino. Dobbiamo tenere monitorata la situazione".
- "Ma si, dai Manu, staremo attenti. Andrà tutto bene".
Lei però non era convinta, sapeva che c'era qualcosa in più, che non dipendeva da noi. Anche se non era mai stata forte in matematica, era troppo intelligente per non aver colto che quel numero buttato li, 30%, detto a una persona che da quel momento in poi doveva assolutamente evitare sbalzi di pressione, equivaleva praticamente a una certezza.
"Lei signora, sta andando incontro alla gestosi, succederà. Possiamo solo sperare che accada il più tardi possibile per dare al bambino il tempo di crescere un altro po' ...perché quando sarà il momento, dovremo pensare soprattutto a lei e alla sua salute".
Questo era il discorso vero. Altro che 30%!

Intanto mi rendevo conto che mia sorella continuava infaticabile a cercare di distrarmi. Le rispondevo, le parlavo, ma nel frattempo seguivo il flusso dei miei pensieri. E da fuori mi osservavo impegnato in un vero multitasking: due processi paralleli, completamente indipendenti l'uno dall'altro. Incredibile! Avessi questa lucidità mentre lavoro...!

Nella telefonata di pochi minuti la dottoressa mi aveva tranquillizzato, a suo modo..
- "Vedrà che queste cose alla fine vanno sempre a finire per il meglio."
Ineccepibile. Manu probabilmente ne sarebbe venuta fuori. Il piccolino invece se la sarebbe dovuta cavare da solo. Cosa significava in questo momento lo ignoravo proprio. Ma non doveva essere roba molto bella.
Nè facile.

Guardavo la porta che immaginavo fosse la sala parto e aspettavo che si aprisse, e che qualcuno venisse fuori a dirmi qualcosa. E all'improvviso avvenne.
Non ricordo bene, ricordo solo una bionda da mozzare il fiato che mi chiedeva se ero io il papà.
Non l'ho mai più rivista.
- "Come sta mia moglie?"
- "Bene, ci vorrà ancora un po', ma sta bene.. Intanto lei vada di là, in neonatologia che le fanno vedere il bimbo. Auguri!"
Quindi c'era un bimbo ...e una moglie..

Il momento in cui diventi papà te lo immagini tante volte. Avevo sempre pensato a me e mio padre, pacche sulle spalle, congratulazioni, sguardi orgogliosi e un bel sigaro magari.
Che stronzate! Qui toccava pedalare ...e pure forte.

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